"Abbiamo visto che la Chiesa anche oggi benché soffra tanto, come sappiamo, tuttavia è una Chiesa gioiosa, non è una Chiesa invecchiata, ma abbiamo visto che la Chiesa è giovane e che la fede crea gioia" (Benedetto XVI, 29 luglio 2010)

lunedì 26 settembre 2011

"Dove c'è Dio, là c'è futuro"... il gioviale viaggio di Benedetto XVI in terra natale

Non solo una lunga e articolata lectio magistralis del professor Ratzinger, ma soprattutto un insegnamento di vita e di fede – o meglio: di vita nella fede – da parte del successore dell’apostolo Pietro. La Germania ha vissuto quattro giorni con gli occhi puntati su papa Benedetto XVI, rientrato ieri sera a Roma, seguendolo nel suo intenso programma tra il parlamento di Berlino e gli incontri ecumenici, tra appuntamenti istituzionali e megaraduni con giovani e cattolici impegnati nel rinnovamento della Chiesa.

Il viaggio nella sua terra natia è stato molto di più di una visita pastorale: non solo per il carattere ufficiale, proprio di una visita di stato, quanto per la forte impronta impressa con una ricchezza di messaggi che sono andati ben al di là della forma protocollare e persino delle previsioni. Benedetto XVI ha fornito risposte al motto della visita – “Dove c’è Dio, là c’è futuro” – attraverso una successione di riflessioni che portano dritto proprio al fulcro di quel futuro.

Non ci si può esimere dal partire citando l’apprezzato discorso al parlamento di Berlino in cui è andato alla radice dei fondamenti dello stato e di una convivenza che abbia a cuore l’ecologia dell’uomo, attraverso la presa di coscienza che l’uomo stesso “possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli ascolta la natura, la rispetta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana”. Una base su cui costruire  quell’Europa con una propria identità e cultura cristiane, che non attinga solo al positivismo e che metta nella condizione di tornare a “vedere di nuovo la vastità del mondo”.

Ecco l’importanza della religione per fronteggiare quel relativismo della società che Benedetto XVI ha definito “relativismo subliminale” che invade ogni interstizio della vita. Un relativismo che esercita sempre di più “un influsso sulle relazioni umane e sulla società – ha rimarcato il papa -. Ciò trova espressione anche nell’incostanza e nella discontinuità di tante persone e in un eccessivo individualismo. Qualcuno non sembra affatto capace di rinunciare a qualcosa o di fare un sacrificio per altri. Anche l’impegno altruistico per il bene comune, nei campi sociali e culturali, oppure per i bisognosi, sta diminuendo. Altri non sono più in grado di legarsi in modo incondizionato ad un partner”.

Una diagnosi lucida sui malanni della società secolarizzata e che può trovare l’unico antidoto nella “comune speranza in Dio. Senza tale speranza la società perde la sua umanità”. Consapevolezza che il pontefice aveva già espresso nel consueto incontro in aereo con i giornalisti, sottolineando come si percepisca la crescente convinzione della necessità di una forza morale e della presenza di Dio nel nostro tempo. Una sfida che deve favorire ancor più il dialogo con le altre comunità religiose per il raggiungimento di un maturo ecumenismo che consenta di far fronte congiuntamente alle sfide delle società moderne.

Non a caso la fitta agenda del viaggio tedesco prevedeva incontri con le comunità ebraica e musulmana, con la le Chiese ortodosse e con quella evangelica. Diversi, ovviamente, gli approcci per la costruzione di un percorso comune: dal dialogo che “si sta approfondendo con l’ebraismo alla necessità di “impegnarsi costantemente per una migliore reciproca conoscenza e comprensione” con i musulmani “per una convivenza pacifica ma anche per l’apporto che ciascuno è in grado di dare per la costruzione del bene comune”; dall’impegno congiunto con i cristiani ortodossi ed ortodossi orientali per una “testimonianza pacifica per la comprensione e per la comunione tra i popoli” all’approccio di Martin Lutero relativamente alla “questione su Dio, che fu la passione profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino” perché ogni credente faccia propria la domanda del riformatore tedesco e si sia capaci di “testimoniare insieme la presenza del Dio vivente e con ciò dare al mondo la risposta di cui ha bisogno”.

Con una visione ben chiara: “come i martiri dell’epoca nazista ci hanno condotti gli uni verso gli altri e hanno suscitato la prima grande apertura ecumenica – ha detto il papa – così anche oggi la fede, vissuta a partire dall’intimo di se stessi, in un mondo secolarizzato, è la forza ecumenica più forte che ci ricongiunge, guidandoci verso l’unità nell’unico Signore”. La fede dunque, dono e frutto di una ricerca interiore che deve aprirsi agli altri in quanto è “sempre anche essenzialmente un credere insieme con gli altri” ha ricordato il pontefice, “molto concretamente devo la mia fede anche a coloro che mi sono vicini e che hanno creduto prima di me e credono insieme con me. Questo “con”, senza il quale non può esserci alcuna fede personale, è la Chiesa”.

La Chiesa, comunità di credenti e apparato istituzionale, rete di pesci buoni e di pesci cattivi, aveva sottolineato papa Benedetto sul volo per Berlino riflettendo sui crimini della pedofilia commessi da sacerdoti. Fatto sta che nell’ultimo anno si stima abbiano lasciato la Chiesa oltre 180mila fedeli tedeschi e gran parte delle responsabilità sarebbero da attribuire proprio allo scandalo pedofilia. Una scelta che papa Benedetto comprende, dettata dal dolore, dall’amarezza e dalla delusione verso una istituzione che dovrebbe fare della moralizzazione uno dei suoi punti di forza. Quei sentimenti di commozione e vicinanza papa Benedetto li ha espressi direttamente nell’incontro con cinque vittime di abusi avvenuti negli ambienti ecclesiastici.
Lontano dalle telecamere, per la quinta volta il papa  (dopo gli incontri a Washington, Sydney, Malta e Londra) ha voluto guardare negli occhi chi ha vissuto esperienze così drammatiche, assicurando l’impegno a promuovere misure efficaci per la tutela dei più giovani ma soprattutto testimoniare la sua comprensione e vicinanza.

Ecco allora anche qui la questione etica. Papa Benedetto aveva citato “l’auspicio di un sempre più intenso rinnovamento etico” nel telegramma inviato come di consueto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al momento di lasciare l’Italia alla volta della Germania. La stessa questione etica finisce per interessare anche la Chiesa che in un tempo di grande inquietudine e qualunquismo potrebbe e dovrebbe rappresentare un approdo sicuro. Ne consegue che “il rinnovamento della Chiesa può realizzarsi soltanto attraverso una fede rinnovata” e che è necessario porsi precisi quesiti sul proprio ruolo tra le sfide e i bisogni dell’oggi.

Rivedendo innanzitutto la sua missione e puntando a una “demondanizzazione”, solo così, “liberata dal suo fardello materiale e politico – ha detto il papa – la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero. Può nuovamente vivere con più scioltezza la sua chiamata al ministero dell’adorazione di Dio e al servizio del prossimo”.

La rotta tracciata da papa Benedetto, nel suo ultimo giorno di visita in Germania, invita a vedere l’essenza dell’uomo, riflettendo su come la ricerca di un agnostico lo avvicini di più al Regno dei cieli che la routine di certi fedeli. Ma soprattutto il papa invita a “deporre tutto ciò che è soltanto tattica per cercare la piena sincerità, che non trascura né reprime alcunché della verità del nostro oggi, ma realizza la fede pienamente nell’oggi vivendola, appunto, totalmente nella sobrietà dell’oggi, portandola alla sua piena identità, togliendo da essa ciò che solo apparentemente è fede, ma in verità sono convenzioni ed abitudini”. Non una ritirata dal mondo moderno ma l’assunzione di un nuovo ruolo in quanto “una Chiesa alleggerita degli elementi mondani è capace di comunicare agli uomini proprio anche nell’ambito sociale-caritativo, la particolare forza vitale della fede cristiana”.

Papa Benedetto è così rientrato dal suo ventunesimo viaggio internazionale con un complesso carico di obiettivi per il futuro della Chiesa, lasciando dietro di sé una scia di commenti positivi, non ultime le parole di apprezzamento del capo di Stato Napolitano che esprime come “nei messaggi di singolare ricchezza e profondità che hanno caratterizzato la sua missione in terra tedesca ho colto insegnamenti ai quali mi sento particolarmente vicino, sulla politica come impegno per la giustizia e sulla nascita del patrimonio culturale dell’Europa”.

Elisabetta Lo Iacono

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